Antichi componimenti sugli animali

Anite di Tegea - Anthologia Palatina VII, 190 In morte di un Grillo e di una Cicala
Anite di Tegea - Anthologia Palatina VII, 202 In morte di un Gallo
Anite di Tegea - Anthologia Palatina VII, 215 In morte di un Delfino
Gaio Valerio Catullo, I.2 Lusus passeris, Il passero di Lesbia
Gaio Valerio Catullo, I.3 Luctus passeris, In morte del passero di Lesbia
Marco Valerio Marziale, I.109 Issa, la cagnetta di Publio
Marco Valerio Marziale, III.35 I pesci di Fidia
Marco Valerio Marziale, IV.32 In morte di un'ape
Marco Valerio Marziale, VI.15 In morte di una formica
Marco Valerio Marziale, XI.69 Epitaffio per Lidia, il cane di Destro


L'intera Antologia Palatina (Anite di Tegea, Simonide, Leonida,...) tradotta in francese: Anthologie Grecque



Anite di Tegea [III sec. a.C.] - Anthologia Palatina VII, 190 - In morte di un Grillo e di una Cicala

Per un grillo, usignolo dei campi,
e per una cicala, abitante d'una quercia,
Miro fece questa tomba comune
bagnandola di caste lacrime infantili;
Ade implacabile d'improvviso le strappò
gli oggetti della sua tenerezza.



Anite di Tegea - Anthologia Palatina VII, 202 - In morte di un Gallo

Fino a poco tempo fa' mi svegliavi
al mattino presto, e agitando le ali
mi buttavi giù dal letto;
più non lo farai poiché una volpe
ti sorprese nel sonno spezzandoti il collo.



Anite di Tegea - Anthologia Palatina VII, 215 - In morte di un Delfino

Non solcherò più le onde impetuose, né guizzando
dal fondo comparirò sulla superficie del mare
inarcando il dorso, né più sbufferò giocoso
intorno ai bronzei rostri delle navi
stregato nel veder riflessa la mia immagine:
una nera tempesta mi gettò sulla spiaggia
e qui, sulla morbida sabbia, ora giaccio, immobile.



Gaius Valerius Catullus (ca. 84 a.C. – ca. 54 a.C.) Liber I Carmen 2

Lusus passeris

1 Passer, deliciae meae puellae,
quicum ludere, quem in sinu tenere,
cui primum digitum dare appetenti
et acris solet incitare morsus,
5 cum desiderio meo nitenti
carum nescio quid lubet iocari
et solaciolum sui doloris,
credo ut tum gravis acquiescat ardor:
tecum ludere sicut ipsa possem
10 et tristis animi levare curas!


1 Passero, delizia dell'amor mio,
con te lei gioca, ti stringe al seno,
offre il dito indice al tuo vorace assalto
e provoca così le tue pungenti beccate;
5 come il fulgente mio diletto
in tal gioco si diverta, trovando un qualche
piccolo sollievo al suo dolore, io non so,
suppongo poiché ciò plachi l'opprimente ardore:
come lei, potessi anch'io giocar con te
10 e della malinconica anima alleviar la pena!


Gaius Valerius Catullus Liber I Carmen 3

Luctus passeris

1 Lugete, o Veneres Cupidinesque,
et quantum est hominum venustiorum:
passer mortuus est meae puellae,
passer, deliciae meae puellae,
5 quem plus illa oculis suis amabat.
nam mellitus erat suamque norat
ipsam tam bene quam puella matrem,
nec sese a gremio illius movebat,
sed circumsiliens modo huc modo illuc
10 ad solam dominam usque pipiabat.
qui nunc it per iter tenebricosum
illuc, unde negant redire quemquam.
At vobis male sit, malae tenebrae
Orci, quae omnia bella devoratis:
15 tam bellum mihi passerem abstulistis.
O factum male! O miselle passer!
Tua nunc opera meae puellae
flendo turgiduli rubent ocelli.


Catullo I.3 - in morte del passero di Lesbia

1 Piangete, oh Veneri e Amorini
e tutti voi uomini gentili:
è morto il passero del mio amore,
il passero, gioia del mio tesoro,
5 ch'ella amava più degl'occhi suoi.
Era infatti dolce come il miele e la riconosceva
così bene quanto una bimba la madre,
né questo si moveva dal suo grembo,
ma (le) saltellava intorno ora qua ora là
10 e di continuo per la sola padroncina pigolava.
Lui ch'ora va per l'oscuro cammino
lì, da dove ognun nega si possa mai tornare.
Siate maledette, voi, maledette tenebre
dell'Orco, ch'ogni bellezza divorate:
15 un passero così grazioso mi strappaste
Oh atroce evento! Oh misero passerotto!
Per tua opera ora gli occhietti del mio amore
gonfi di pianto si arrossano un poco.




Marcus Valerius Martialis Epigrammaton I 109

1 Issa est passere nequior Catulli,
Issa est purior osculo columbae,
Issa est blandior omnibus puellis,
Issa est carior Indicis lapillis,
5 Issa est deliciae catella Publi.
Hanc tu, si queritur, loqui putabis;
Sentit tristitiamque gaudiumque.
Collo nixa cubat capitque somnos,
Ut suspiria nulla sentiantur;
10 Et desiderio coacta ventris
Gutta pallia non fefellit ulla,
Sed blando pede suscitat toroque
Deponi monet et rogat levari.
Castae tantus inest pudor catellae,
15 Ignorat Venerem; nec invenimus
Dignum tam tenera virum puella.
Hanc ne lux rapiat suprema totam,
Picta Publius exprimit tabella,
In qua tam similem videbis Issam,
20 Ut sit tam similis sibi nec ipsa.
Issam denique pone cum tabella:
Aut utramque putabis esse veram,
Aut utramque putabis esse pictam.


1 Issa è più maliziosa del passero di Catullo,
Issa è più pura del bacio di una colomba,
Issa è più seducente di qualunque fanciulla,
Issa è più preziosa d'una pietra indica,
5 Issa è la cagnetta delizia di Publio.
Se si lamenta, tu penserai che lei parli;
(lei) percepisce e la tristezza e la gioia.
Si sdraia col collo reclinato e prende sonno,
in modo tale che alcun respiro sia percepibile;
10 e costretta dal bisogno del ventre
non ha mai sporcato la coperta con una sola macchia
ma sveglia il padrone con un morbido tocco della zampetta
ed implora di esser condotta fuor dal letto per trovar conforto.
Tanto pudore risiede in tal candida cagnetta,
15 che non conosce il piacere del sesso; né si può trovare
un degno compagno per una tanto tenera fanciulla.
Perché la sua ultima ora possa non portarla via completamente,
Publio l'ha rappresentata dipinta su una tavola,
in cui tu vedrai una Issa tanto simile a sé stessa
20 che neppur la vera è tanto bella.
Se tu poni Issa di fronte alla tavola:
o tu penserai che sono entrambe vere,
o tu penserai che sono entrambe dipinte.


Marcus Valerius Martialis Epigrammaton III.35

Artis Phidiacae toreuma clarum
Pisces aspicis: adde aquam, natabunt.

Osserva i pesci scolpiti dalla splendente arte
di Fidia: aggiungi dell'acqua e nuoteranno.


Marcus Valerius Martialis Epigrammaton IV 32

Et latet et lucet Phaethontide condita gutta,
Ut videatur apis nectare clusa suo.
Dignum tantorum pretium tulit illa laborum:
Credibile est ipsam sic voluisse mori.


In morte di un'ape

Si nasconde e risplende conservata in una goccia d'ambra,
un'ape, così da sembrar imprigionata nel suo stesso nettare.
Essa ha avuto un premio degno delle sue tante fatiche:
è credibile che lei stessa abbia voluto morire in tal modo.


Phaethontias, tiadis: fetonsiade; le fetonsiadi, o forse fetontidi, erano le sorelle di Fetonte che per il lungo piangere il defunto fratello, furono mutate in pioppi e le loro lacrime in gocce d'ambra;



Marcus Valerius Martialis Epigrammaton VI 15

Dum Phaethontea formica vagatur in umbra,
Inplicuit tenuem sucina gutta feram.
Sic modo quae fuerat vita contempta manente,
Funeribus facta est nunc pretiosa suis.


In morte di una formica

Mentre una formica vagabondava all'ombra d'un pioppo
una goccia d'ambra avvolse la fragile creatura.
Così lei che in vita fu sempre disprezzata,
è ora resa preziosa dalla sua sepoltura.


Phaethonteus, a, um: di Fetonte;



Marcus Valerius Martialis Epigrammaton XI.69 - Epitaphium Lydiae

Amphitheatrales inter nutrita magistros
Venatrix, silvis aspera, blanda domi,
Lydia dicebar, domino fidissima Dextro,
Qui non Erigones mallet habere canem,
5 Nec qui Dictaea Cephalum de gente secutus
Luciferae pariter venit ad astra deae.
Non me longa dies nec inutilis abstulit aetas,
Qualia Dulichio fata fuere cani:
Fulmineo spumantis apri sum dente perempta,
10 Quantus erat, Calydon, aut, Erymanthe, tuus.
Nec queror infernas quamvis cito rapta sub umbras:
Non potui fato nobiliore mori.


Allevata per la caccia tra gli istruttori degl'anfiteatri,
selvaggia nella foresta, docile in casa,
mi chiamavo Lidia, fedelissima di Destro (mio) padrone,
che non avrebbe preferito avere la cagna di Erigone,
né quello che seguì Cefalo lontan dalle terre di Creta
condotto con lui fino alle stelle della dea dell'Aurora.
Non ebbi per me una lunga vita né una inutil vecchiaia,
quale fu il destino del cane di Dulichio:
un cinghiale spumeggiante col fulmineo dente mi trafisse,
(un cinghiale) tanto enorme quanto il tuo Calidone, o il tuo, Erimanto.
E non mi lamento sebben sì rapidamente fui trascinata lì sotto all'ombre sotterranee:
non avrei potuto ricever dal destino più degna morte.


Erigone: fu aiutata dal suo cane Mera a trovare il corpo del padre morto in un pozzo; per il dolore si impiccò e si trasformò nella costellazione della Vergine; appresso è la costellazione del Cane Minore, in cui la stella Procione rappresenta il suo cane Mera.
Cephalus: figura mitologica greca; la dea dell'Aurora Eos innamoratasi di lui lo rapì mentre era a caccia.
Dulichius: isola citata da Omero nell'Odissea, situata vicino ad Itaca; secondo alcune interpretazioni potrebbe corrispondere alla stessa Itaca e quindi il cane potrebbe forse essere quello di Ulisse.
Calydon: Calidone - città greca; il cinghiale di Calidone rappresenta nella mitologia greca l'antagonista di grandi eroi.
Erymanthe: il cinghiale di Erimanto era un feroce cinghiale della mitologia greca che viveva sul monte Erimanto; la sua cattura da parte di Ercole fu la quarta delle sue dodici fatiche.




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1 Marzo 2012