Marziale, Catullo e gli altri poeti

Numerose volte Marziale e Catullo prendono a soggetto delle loro liriche altri poeti loro contemporanei che quasi sempre consideravano pessimi.

I Canti di Catullo di invettiva contro altri poeti sono: 14, 22, 36, 44, 49.
I Canti di Catullo ad amici poeti: 50, 53.

Traduzioni: Filippo M. Sacca'


Catullus Carmen 14

Ni te plus oculis meis amarem,
iucundissime Calve, munere isto
odissem te odio Vatiniano:
nam quid feci ego quidve sum locutus,
cur me tot male perderes poetis?
isti di mala multa dent clienti,
qui tantum tibi misit impiorum.
quod si, ut suspicor, hoc novum ac repertum
munus dat tibi Sulla litterator,
non est mi male, sed bene ac beate,
quod non dispereunt tui labores.
di magni, horribilem et sacrum libellum!
quem tu scilicet ad tuum Catullum
misti, continuo ut die periret,
Saturnalibus, optimo dierum!
non non hoc tibi, false, sic abibit.
nam si luxerit ad librariorum
curram scrinia, Caesios, Aquinos,
Suffenum, omnia colligam venena.
ac te his suppliciis remunerabor.
vos hinc interea valete abite
illuc, unde malum pedem attulistis,
saecli incommoda, pessimi poetae.


Se non t'amassi più degl'occhi miei,
piacevolissimo Calvo, per codesto dono
t'odierei con un odio degno di Vatinio:
cosa ho fatto o cos'ho mai detto, perché tu
mi debba perfidamente devastare con tutti questi poeti?
Sia maledetto dagli dei codesto cliente,
che t'ha mandato un tal branco d'insolenti.
Ma se, come sospetto, questo insolito e geniale
dono ti arriva da quel grammatico da quattro soldi di Silla,
non mi va male, ma bene e son lieto,
poiché le tue fatiche non son sprecate.
Oh possenti dei, che libercolo osceno ed abominevole!
E tu naturalmente lo mandasti a quel tuo
Catullo, perché morisse all'istante proprio nel giorno
dei Saturnali, il più bello fra tutti!
Ma no, non finirà così per te, buffone d'un mentitore.
Non appena farà giorno mi precipito ai chioschetti
dei librai a comprar (ogni cosa), i Cesio,
gli Aquino, i Suffeno, tutti i più letali.
E così ti ricompenserò per questi supplizi (che m'infliggi).
Voi nel frattempo salutate e via di qui, andatevene per sempre,
(tornate) là, da dove vi condusse lo sciagurato cammino,
fallimenti di questo secolo, schifosi poeti.




Calvus: Licinio Calvo, poeta ed amico di Catullo, che per scherzo gli manḍ un pessimo libretto di un altro poeta; si coglie il tono scherzoso con cui Catullo minaccia l'amico di analoghi supplizi.
di mala multa dent: gli dei assegnino una grande punizione.
litterator, oris: poco erudito, grammaticastro; in contrapposizione con litteratus: scientificamente erudito, dotto, letterato.
scrinium, ii: scrigno, forziere, cassetta, scatola per custodire carte, libri, unguenti ed altro; l'ho tradotto con chioschetto.



Catullus Carmen 22

Suffenus iste, Vare, quem probe nosti,
homo est venustus et dicax et urbanus,
idemque longe plurimos facit versus.
puto esse ego illi milia aut decem aut plura
perscripta, nec sic ut fit in palimpsesto
relata: cartae regiae, novi libri,
novi umbilici, lora rubra membranae,
derecta plumbo et pumice omnia aequata.
haec cum legas tu, bellus ille et urbanus
Suffenus unus caprimulgus aut fossor
rursus videtur: tantum abhorret ac mutat.
hoc quid putemus esse? qui modo scurra
aut si quid hac re scitius videbatur,
idem infaceto est infacetior rure,
simul poemata attigit, neque idem umquam
aeque est beatus ac poema cum scribit:
tam gaudet in se tamque se ipse miratur.
nimirum idem omnes fallimur, neque est quisquam
quem non in aliqua re videre Suffenum
possis. suus cuique attributus est error;
sed non videmus manticae quod in tergo est


Quel Suffeno che tu ben conosci, Varo,
è uomo garbato e spiritoso e cortese,
ma anche compone tantissimi versi (assai) noiosi.
Io penso ne abbia scritti e terminati una decina di migliaia
o forse più, e non trascritti (alla buona) su pergamena
recuperata: papiri degni d'un Re, libri nuovi,
nuove le bacchette, nuovi i lacci di cuoio (pitturati di) rosso,
squadrati a piombo e tutti levigati a dovere con la pomice.
Quando (poi) tu li legga, quel Suffeno gradevole e cortese
diviene null'altro che un guardiano di capre od uno
stupido bifolco: tanto è detestabile e muta.
Cosa potremmo pensare di ciò? Questo dai modi d'un ozioso elegantone
o che almeno sembrava aver dimestichezza con queste cose,
proprio lui è più rozzo d'un contadino rozzo,
nel momento stesso che tocca un'opera poetica, eppure in nessun
momento mai è così felice come quando scrive un poema:
tanto si rallegra per sé stesso e tanto si ammira.
Senza dubbio tutti noi sbagliamo allo stesso modo, e non c'è nessuno
in cui tu non possa scorgere un qualcosa come
in Suffeno. E ad ognuno è assegnato il suo difetto;
ma la gobba che portiamo sulla schiena noi non (la) vediamo.


Palimpsesto: palinsesto; è un rotolo di pergamena (od altro supporto per scrivere utilizzato allora, quale il papiro), già scritto e cancellato per poter essere scritto nuovamente; la sottoscrittura comunque restava parzialmente visibile e quindi tale supporto era comunque di scarsa qualità.
Una gran quantità di importanti testi dell'antichità sono giunti a noi in quanto originali scritti di un palinsesto (scriptio inferior: sottoscrittura).
non videmus manticae quod in tergo est: non vediamo il sacco (dei nostri difetti) che è dietro di noi.


Martialis Epigrammaton VII.3

Cur non mitto meos tibi, Pontiliane, libellos?
Ne mihi tu mittas, Pontiliane, tuos.


Perché non metto i miei libretti con i tuoi, Pontiliano?
Affinché tu non possa metter i tuoi coi miei, Pontiliano.



Martialis Epigrammaton IX.81

Lector et auditor nostros probat, Aule, libellos,
Sed quidam exactos esse poeta negat.
Non nimium curo: nam cenae fercula nostrae
Malim convivis quam placuisse cocis.


Il lettore e l'ascoltatore, Aulo, approvano i miei libretti,
ma un certo poeta nega che siano sufficientemente elaborati e rifiniti.
Non me ne curo molto: infatti le portate della mia cena
preferisco piacciano ai convitati piuttosto che ai cuochi.


1] Aule: Aulus Pudens, centurione amico di Marziale citato numerose volte nei suoi epigrammi.
3-4] Famosa metafora. Spesso nell'antichità i poemi erano paragonati a delle portate di cibo.




Epigrammaton Liber X carmen 102

Qua factus ratione sit requiris,
Qui numquam futuit, pater Philinus?
Gaditanus, Avite, dicat istud,
Qui scribit nihil et tamen poeta est.

Tu richiedi qual sia la ragione per cui,
Filino, che mai ha trombato, è padre?
Gaditano, che scrive di nulla eppur è poeta,
ti svela l’arcano, o Avito.



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22 ottobre 2012